TERRA DI GIOTTO E DEL BEATO ANGELICO

 Terra di pittori è questa del Mugello; terra da tritare e da impastare; terra che fa volume e fa colore insieme.

Guardate le groppe delle montagne; notate la linea delle colline; considerate il colore della terra lavorata, marrone; il colore delle stoppie, dorate; il colore dei primi grani, verdini; degli ultimi prati, verdoni; e poi il colore mischiato dei boschi, specie in autunno, con l’oro dei pioppi, il rame delle querci, il rosso dei salici, il nero dei cipressi, il carnicino dei sorbi, il giallo dei cornioli, e ditemi come si fa a non esser pittori in questa terra di pittori.

Non ho conosciuto nessun paesaggio costruito e colorito come quello del Mugello, dove le chiese romaniche sono rustiche come le stalle, prive d’ornato, tutte volume e colore pietra viva.

Nulla di frivolo e di gentile, nulla di grazioso e di scherzoso su questa zolla di terra avara di frutti ma ricca di pittura.

Il Mugello non può vantare né il vino come il Chianti né l’olio come Pescia; non può vantare né le pesche di Rosano né le pere di Cascina né il pane di Campi.

Il suo prodotto è quello dell’arte, anzi della pittura. E Giotto è mugellano anche per questo; non potrebbe essere che mugellano.

Si dice – è documentato – che il pittore, quando era riuscito a riempire la sua avara borsa di fiorini, correva in Mugello, a Vicchio, per comprarvi un podere.

Comprava un pezzo della sua terra; o meglio, comprava, ricomprava un pezzo della sua pittura.

 

Piero Bargellini