UN RESTAURO DOVUTO

Nel giugno del 2001 fu siglato fra I’IDSC di Firenze e la Parrocchia di Vicchio un contratto di comodato gratuito per I’uso della Chiesa di S. Andrea a Barbiana, uso per motivi pastorali e di tutela verso la Chiesa divenuta ormai conosciuta come la Chiesa di don Lorenzo Milani. Dopo circa due anni di interventi restaurativi che hanno interessato tutta la Chiesa e la relativa cappella della compagnia, finalmente si può restituire e offrire ai visitatori e ai pellegrini un luogo risistemato e risanato.

Gli interventi, eseguiti sotto gli occhi vigili della Soprintendenza alle Belle Arti, sano stati progettati dall’arch. Lorenzo Liverani al quale va un ringraziamento particolare per la disponibilità e la generosità offerta, cosi come all’ing. Claudio Chelazzi va un ringraziamento altrettanto caloroso. I lavori hanno comportato il restauro del tetto della Chiesa, rifacimento completo del tetto della Compagnia, i restauri degli intonaci; interni ed esterni, il restauro della pavimentazione della Chiesa e la realizzazione della nuova pavimentazione all’interno della Compagnia; inoltre e stato realizzato un nuovo impianto elettrico, è stato fatto il restauro degli arredi in legno ed un nuovo portone alla Compagnia, poi vi sono ancora le imbiancature interne ed esterne e il restauro dell’affresco quattrocentesco all’interno della Chiesa. I lavori edili sono stati eseguiti dalla ditta Marco Gasparrini, l’imbiancature da Riccardo Carotti, il restauro dell’affresco da Simone Vettori per la ditta Iconos, i lavori elettrici da Leoni Gianfranco (le nuove appliques di ottone della sacrestia donate dalla ditta Bartolini di Vicchio), i lavori di falegnameria sono stati eseguiti da Alessandro Materassi con l’apporto del mastro falegname Giuseppe Cipriani. II complesso di Barbiana, tutelato dalle Belle Arti con vincoli abbastanza rigidi ha adesso la Chiesa come luogo di visite e di culto presentabile e utilizzabile. L’unico rammarico e quello di non aver ancora trovato un accordo per realizzare a Barbiana un piccolo servizio igienico, ma se tanto ci da tanto, a forza di insistere riusciremo a fare anche questo. La spesa dei lavori che ammonta a oltre 50.000 euro è stata elargita in parte dal Ministero per i beni culturali e ambientali, dall’IDSC di Firenze, dalla Curia di Firenze e dalla Parrocchia di Vicchio.

L’inaugurazione della Chiesa e avvenuta giovedì 26 giugno (36º anniversario della morte di don Lorenzo) nel corso di una Celebrazione presieduta da don Remo Collini sacerdote arnico di don Lorenzo.

Ci auguriamo che questo patrimonio, questo ricordo, ma soprattutto questo luogo legato ad un testimone autentico della fede cristiana sia sempre più riconosciuto e rispettato: perché Barbiana ha data molto e continuerà a dare molto a chi sinceramente e umilmente vi salirà per ascoltare e pregare.

LO STEMMA DI VICCHIO A MONTENERO

durante le celebrazioni per la festa del patrono è stato benedetto la stemma del Comune di Vicchio, opera del pittore Galleni. L’iniziativa è nata dalla richiesta del Priore del santuario di Montenero di collocare il nostro stemma comunale nella cosiddetta Galleria dei 287 Comuni Toscani creata nel 1968, la nostra Amministrazione Comunale ha cosi risposto e si sta preparando per la consegna che dovrebbe avere luogo la domenica 21 settembre.

Oltre al lato puramente artistico dello stemma, in questo caso si sottolinea anche il significato affettivo e spirituale che dimostra I’attaccamento nei confronti della Madonna di Montenero protettrice e Patrona della Toscana proclamata nell’anno 1947 da Papa Pio XII.

Lo stemma del Comune riprodotto fedelmente da Galleni, e tratto da un sigillo del 1400, raffigura un pino sradicato che rammenta la rocca di Ampinana strappata ai conti Guidi dalla Repubblica fiorentina, le due stelle ai lati ricordano gli antichi popoli di Rostolena e Botena, la corona in pietra ricorda il Castello di Vicchio.

 

 

LE ORIGINI DEL CASTELLO DI VICCHIO

gennaio 2003

Paolo Campidori

In una cosa la storia è equiparabile alle altre discipline scientifiche. Si dice scienza o disciplina scientifica lo studio di certi fenomeni che si possono spiegare, riprodurre con una certa scientificità, in natura o in laboratorio. Ebbene la scientificità della storia consiste nel fatto che essa si ripete in continuazione. Storia "mater et magistra" ha scritto Papa Giovanni nella sua Enciclica. Niente di più vero. Se noi stiamo attenti agli accadimenti storici di qualsiasi periodo del passato vedremo che gli stessi si ripeteranno con una certa costanza nel tempo. Questo perché gli uomini, a cavallo, in bicicletta, sulla Ferrari, sono sempre gli stessi, non cambiano mai, i loro comportamenti sono sempre identici. Come nella chimica: ad un’azione corrisponde sempre una reazione. Nella storia abbiamo invece i "corsi" e i "ricorsi".

 

Siamo sulla fine del sec. XIII, il Comune di Firenze aveva già iniziato da tempo la sua politica espansionistica nel contado fiorentino, mugellano compreso. L'oggetto del contendere è la Rocca di Ampinana, fortissimo castello, di proprietà del Conte Manfredi, figlio di Guido Novello, della nobile famiglia dei Conti Guidi.

Ora, la Repubblica si trova a discutere sulle modalità per venire in possesso di tale fortilizio. I pareri sono discordanti, alcuni propongono di costruire un altro castello per contrapporlo a quello d’Ampinana, altri suggeriscono che la via economica, cioè quella di un accordo dietro corresponsione di fiorini d'oro sia la soluzione migliore. Altri ritengono addirittura che il passo migliore da compiersi, in questo caso, sia la soluzione militare. A conferma di quanto dicevo prima, non avviene oggi forse la stessa cosa. L'Iraq di Saddam? Non rappresenta questo paese un ostacolo alla politica d’espansione in Medio Oriente da parte di certi stati? (Anche se bisogna tener conto del problema importante che è rappresentato oggi dal terrorismo internazionale). Mi viene a mente un proverbio: "A nemico che fugge ponti d'oro". Ma voi direte: che c'entra questo? Vi spiego subito. Acquistando Ampinana, e questa fu la decisione del Comune di Firenze per 3000 sonanti fiorini, la città fiorentina avrebbe avuto via libera su questa parte del territorio, in particolar modo sulle vallate di detto castello, e avrebbe invogliato la popolazione a scendere a valle per costituire un insediamento umano.

Ma per fare questo sarebbe stato necessario costruire un nuovo ponte sulla Sieve, nel punto più stretto del fiume, in località Montesassi. E questo è ciò che i fiorentini fecero nel 1295, un bellissimo ponte con arco a sesto ribassato, che attraversa tutto lo specchio del fiume e un altro piccolo archetto, vicino alla riva destra, accanto al grande pilastro decentralizzato. Un'opera architettonica, bellissima e anche molto ardita per quei tempi, in cui non conoscevano, come noi oggi, il cemento armato. Dunque i servi della gleba, i nemici giurati del Conte Manfredi, sarebbero potuti fuggire dalla schiavitù, dalle corvées, dalle vessazioni di ogni genere da parte del feudatario, con un semplice gesto, fuggendo da qui monti che li imprigionavano e attraversando questo bellissimo ponte, che i fiorentini avevano costruito per loro, anche se non era d'oro, come dice il proverbio, in senso metaforico.

Questa a.pensarci bene fu la casuale storica che fece nascere il Castello di Vicchio. Questo nuovo ponte come ci riferisce Pierluigi Cantini, nel suo libro "Origini del Castello di Vicchio" del 1979: "è probabile che abbia aumentato il flusso di merci e mercanti .... e può aver favorito anche nuovi insediamenti umani sulla sponda opposta della Sieve". Il podestà di Firenze con una lettera del 1308 autorizza la costruzione di una nuova "terra" e ordina che la stessa dovrà sorgere "in loco qui dicitur Vicchio". Ecco quindi che la strategia di Firenze "che mirava a consolidare la posizione della città sul suo contado, contrastando le velleità di riscossa degli ultimi grandi feudatari" si evidenzia con grande lucidità. Già nel 1306 vennero deliberate le costruzioni di nuove terre in Mugello, per quanto concerne Scarperia e Firenzuola, e come dice la Provvisione (c.206, 29 aprile 1306): "ad reprimendum effrenandi superbiam Ubaldinorum et aliorum de Mucello et de ultra Alpes qui comuni et populo Florentie rebellaverunt". Italo Moretti nel suo libro "Le Terre Nuove del Contado fiorentino" ci dice con precisione il significato di "terra nuova": "Non si trattava di borghi sviluppati spontaneamente senza un piano preordinato presso un castrum di origine feudale o comunque precedente...... Esse erano nuove realizzazioni insediative, programmate talvolta fino nei dettagli". Inoltre i "terrazzani" chiamati a popolarle saranno esentati per 10 anni da ogni tassa, ricevendo inoltre la promessa di libertà.

Dobbiamo ricordare che i "servi della gleba" non erano liberi, essi erano dei veri e propri schiavi. Dunque dalle delibere, dalle provvisioni si passa ai fatti. Come ci narra il Villani: "Nel detto anno (1324) e mese d'ottobre si cominciò per lo comune di Firenze a fare una terra nuova in Mugello, presso ove fu Ampinana, e le terre che s'erano racquistate per lo detto comune dai conti (Guidi) e puosesi nome Vico".

Questo castello, o terra nuova, si rivelò ben presto di grande importanza strategica, e per questa ragione nel 1364 fu ingrandito e fortificato. Ben presto la popolazione, che comprendeva vari popoli, si era costituita in Lega, la cosiddetta Lega di Vicchio. Essa comprendeva i popoli delle Pievi di Santo Stefano in Botena, San Casciano di Padule, San Martino in Viminuccio e San Cresci in Valcava. Nel 1413, nasce il primo Statuto. Ora c'è da dire che gli statuti dei popoli soggetti alla Repubblica fiorentina si assomigliano un po' tutti. Diciamo che nella loro compilazione viene seguita una falsariga comune e si emanano regole (perché di questo si tratta) sulle più disparate discipline, che gli abitanti decidono di accettare liberamente, senza costrizioni alcuna, da parte della Repubblica fiorentina. In realtà quando questa emana gli Statuti, di fatto, controlla totalmente il "territorio", tramite il suo emissario, il Podestà, anche se eletto con una parvenza di democraticità. Ciò avviene anche ai giorni nostri: i Sindaci sono eletti democraticamente, ma il cittadino non conta niente o quasi. La vita di paese di allora, in questo caso di Vicchio, si svolge, "mutatis mutandis" e fatto salvo il progresso, come la vita di oggi. Oggi di tale castello, che era di forma esagonale, le cui mura erano alte circa venti braccia, con sei torri poste agli angoli del perimetro esistono pochi avanzi. Le porte, dette la Porta fiorentina o la Porta al Borgo a Ovest e la porta a Dicomano ad Est che troviamo anche nelle vecchie cartoline d'epoca, furono distrutte durante l'ultimo conflitto mondiale. Questa di Vicchio e del Mugello, come diceva Bargellini è: "terra di pittori; terra da tritare e da impastare, terra che fa volume e colore insieme..... Guardate le groppe delle montagne; notate la linea delle colline; considerate il colore della terra lavorata, ... il colore dei primi grani verdini... il colore mischiato dei boschi, specie in autunno, con l'oro dei pioppi, il rame delle querci, il rosso dei salici, il nero dei cipressi ... e ditemi come si fa a non essere pittori in questa terra di pittori". L'allusione a Giotto e Beato Angelico è evidente, e..... scusatene se dico poco.